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L’intervento del presidente dell’Ordine delle Marche alla conferenza stampa di fine anno del presidente Acquaroli

05 gen 2024

Ringrazio il presidente della giunta regionale Francesco Acquaroli e gli assessori presenti che hanno accolto per il secondo anno consecutivo l’invito a partecipare a questa conferenza di fine anno voluta dall’Ordine dei giornalisti delle Marche. E con lui ringrazio anche l’ufficio stampa nella figura di Renzo Pincini ( nella doppia veste anche di vicepresidente Sigim) per averci aiutato nell’organizzazione

 

Prima di entrare nel merito delle domande, però, mi preme sottolineare come la categoria dei giornalisti sia seriamente preoccupata per quanto si è deliberato e si sta discutendo in Parlamento sulla limitazione del diritto di cronaca (diritto previsto dalla nostra Costituzione) nel nome di una presunta salvaguardia dell’imputato o di limitazione a eventuali protagonismi della magistratura. 

Voglio citare le recenti decisioni che coinvolgono il giornalismo: il decreto legislativo 188 meglio conosciuto come decreto Cartabia, la proposta sulla diffamazione a mezzo stampa che cancella il carcere per i giornalisti ma non interviene opportunamente contro le querele temerarie e il recente emendamento all’art. 114 del cpp (emendamento Costa) approvato alla Camera sul divieto di pubblicare in modo integrale o per estratto il testo di ordinanza cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell’udienza preliminare, che sappiamo può slittare anche di due anni. Una norma che ha fatto sollevare il disappunto dell’Ordine e della Federazione della stampa.

Ancora una volta in campo, come ai tempi di tangentopoli, i diritti degli indagati e diritto di cronaca.

Nel caso dell’emendamento Costa, sarà possibile solo una sintesi delle motivazioni dell’ordinanza di custodia cautelare ad opera del giornalista. Quindi, non divieto di pubblicazione dei contenuti. La qual cosa, non fermerebbe l’informazione ma potrebbe ingenerare risultati controproducenti rispetto alla volontà del legislatore, perché costringerebbe il giornalista a usare un suo linguaggio nel descrivere le motivazioni dell’arresto, nel tentare l’interpretazione autentica del pubblico ministero usando magari figure retoriche, forzando o sminuendo le parole del giudice che ora spesso venivano riportate integralmente lasciando al lettore l’interpretazione. Questo per dire che il rimedio di vietarne la pubblicazione, approvato dalla Camera e accolto da molti come una conquista di civiltà, rischia di non proteggere alla fine l’indagato.

L’informazione non è esente da responsabilità. Lo sappiamo bene.

Ed è per questo che occorre lavorare insieme. Soprattutto in questo campo che vede coinvolti tre poteri: quello legislativo, quello giudiziario e quello dell’informazione. Una contrapposizione appare quantomai deleteria. Credo che un percorso comune e non divergente possa condurre a soluzioni condivise che rispettino le autonomie e i ruoli dei soggetti coinvolti.

Sapere che in parlamento siedono magistrati e giornalisti prima ancora che politici, dovrebbe agevolare questo dialogo. Una fuga in avanti di una delle tre parti porterebbe solo ad uno scontro che rischia di compromettere il bilanciamento dei diritti costituzionali sanciti dalla nostra Carta.

Limitazioni dirette o indirette alla stampa suonerebbero come censura (peraltro vietate dallo stesso articolo 21 della costituzione). Va ricordato che esistono rigide e vincolanti norme deontologiche che già regolano il fatto in oggetto.

 Ho parlato di momento delicato per l’informazione e per il giornalismo che è una professione quanto mai dinamica perché si confronta a sua volta con una società che si evolve rapidamente. Siamo in pienaMediamorfosi, chiamati a confrontarci anche con le conseguenze di un uso distorto e deleterio  dell’intelligenza artificiale. Oggi gli algoritmi sono moltiplicatori di contenuti. E la tecnologia non è neutra, dipende da chi e da come la si usa.

E il giornalista più che mai deve essere come un “flaneur”: cioè deve entrare nel contesto per conoscerlo meglio rimanendone al tempo stesso distaccato, cioè non facendoci coinvolgere né emotivamente, né ideologicamente.

Un anno fa, proprio in questa sede avevamo auspicato ad una riforma della legge istituiva dell’Ordine vecchia di 60 anni e ormai superata. Il Consiglio nazionale ha approvato una proposta consegnata poche settimane fa ai parlamentari.

Il documento ipotizza l’istituzione di una laurea magistrale in giornalismo per l’accesso alla professione e in alternativa una laurea triennale come requisito per poter partecipare a corsi specialistici controllati e vigilati dall’Ordine. Novità anche per gli aspiranti pubblicisti, ai quali verrà richiesta una laurea di primo livello (Triennale) come requisito per l’iscrizione all’albo. Spetterà al Parlamento assumere, nella sua sovranità, le decisioni di merito. Per tale motivo questo Ordine ha intenzione di invitare quanto prima i parlamentari marchigiani per illustrare la proposta.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo ha detto chiaramente: L’informazione è “strumento primario di conoscenza e valutazione critica, Se crediamo veramente nel giornalismo, faremmo bene a non dimenticarcene”.

La Regione sta decidendo in questi giorni anche una revisione dell’erogazione dei contributi per l’editoria per garantire la pluralità di voci. L’Ordine dei giornalisti delle Marche auspica che, in aggiunta ai vari parametri individuati, venga preso in considerazione anche l’assolvimento dell’obbligo alla formazione (obbligo previsto per legge) almeno dei direttori delle testate interessate al contributo.

 

Oggi più che mai essere iscritto all’Odine deve essere garanzia di professionalità. E professionalità significa competenza, preparazione, correttezza e sensibilità. Per questo sono importanti i corsi di formazione, ovvero di aggiornamento.

E la sede dell’Ordine ora è attrezzata per ospitarli. L’abbiamo definita, insieme al sindacato, la “Casa dei giornalisti” aperta a chiunque voglia utilizzarla per conferenze, interviste o solo per fermarsi a realizzare un servizio.

Ma anche il luogo in cui confrontarsi con tutti gli altri interlocutori, nelle rispettive autonomie e nei rispettivi ruoli. Proprio come sta avvenendo oggi, in questa sede.

 

Franco Elisei

Presidente dell’Ordine dei giornalisti delle Marche