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Il dlgs presunzione d'innocenza peggiora il processo mediatico

31 gen 2022

Le norme per garantire la presunzione di innocenza nei procedimenti giudiziari, esistono già. E sono cogenti. Il recente d.lgs 188, ovvero il cosiddetto decreto sulla “presunzione di innocenza rafforzata”, pur finalizzato a frenare deplorevoli giudizi anticipati di colpevolezza ed eccessi di spettacolarizzazione delle inchieste giudiziarie, non sembra fermare il discutibile “processo mediatico” ma anzi, a giudizio dell’Ordine dei giornalisti delle Marche, lo peggiora, rendendolo ancor più appetibile. Ovvero, tanto più si rende difficoltoso il contatto con la fonte ufficiale, tanto più si rischia di aumentare i processi sui media.

            Il decreto è rivolto esclusivamente alle autorità pubbliche e non agli organi di informazione e secondo alcuni giuristi ma anche secondo l’Ordine delle Marche, rischia di trasformarsi in una censura preventiva, senza precedenti in un ordinamento democratico, con ricadute pesanti sulla libertà della professione giornalistica e nel rapporto tra media, magistratura e forze dell’ordine.

L’articolo del decreto che desta la maggior preoccupazione precisa che i rapporti tra la procura e gli organi di informazione dovranno avvenire d’ora in poi “esclusivamente tramite comunicati ufficiali, oppure, nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti, tramite conferenze stampa”. Quindi “esclusivamente “con atti scritti, oppure con conferenze stampa  ma solo quando i fatti oggetto di procedimenti penali siano di “particolare rilevanza pubblica”. Ma non basta: “la diffusione di informazioni sui procedimenti penali è consentita solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre specifiche ragioni di interesse pubblico”.

E’ evidente, con tale articolato, che la valutazione dell’interesse pubblico dei fatti passa dai media nelle mani della magistratura. Gli stessi nomi degli arrestati potrebbero venir meno se l’autorità giudiziaria in virtù della presunzione di innocenza  e della presunta non rilevanza, decida di non svelarli, cancellando d’un colpo  la funzione di controllo della stampa sull’attività delle pubbliche autorità. E quali sono i confini dell’interesse pubblico che verranno adottati? L’interesse – ha chiarito a suo tempo anche l’Autorità Garante per la privacy -  va valutato anche rispetto all’ambito locale di diffusione dei media.

In pratica si verifica una selezione delle notizie a monte che rischia di non rispondere ai criteri di “trasparenza e comprensibilità dell’azione giudiziaria” ritenuti nel 2017 dallo stesso Consiglio superiore della magistratura come “valori che discendono dal carattere democratico dell’ordinamento” e  che “non confliggono con il carattere riservato, talora segreto, della funzione”. Il Csm auspica sì un intervento in materia di rapporti tra magistrati e mass media, ma finalizzato “a garantire che i media abbiano un corretto accesso alle notizie sull’azione del pubblico ministero e sull’esercizio della giurisdizione”. Senza alcuna premessa sulla valutazione di interesse pubblico. Anzi il Csm richiama una raccomandazione in tal senso del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sul fatto che “i procedimenti giudiziari e le questioni relative all’amministrazione della giustizia sono di pubblico interesse”.

Parole che non prevedono una selezione di interesse da parte dell’autorità giudiziaria ma riportano alla responsabilità dei media questa valutazione. Ed è responsabilità del giornalista osservare il dovere di garantire la presunzione di innocenza che è e resta un obbligo deontologico di assoluta rilevanza.

Il Testo unico dei doveri all’art.8 parla chiaro: “Il giornalista rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza” utilizzando un linguaggio appropriato verso il soggetto coinvolto nei procedimenti giudiziari. Ovvero, il problema della tutela dell’indagato o imputato trova già una puntuale e articolata risposta sul piano deontologico con precisa assunzione di responsabilità da parte del giornalista.

I limiti imposti dal decreto 188, pur diretti a rafforzare la presunzione di innocenza, rischiano di suscitare l’effetto opposto rispetto a una corretta informazione, la quale, di fronte  a muri e filtri cercherà altri canali, altre fonti, meno ufficiali e forse più interessate. Anche perché i limiti previsti sono vincolanti solo per le fonti pubbliche e non per le difese o parti offese nel procedimento.

L’informazione, se ritiene che i fatti siano di interesse, non si ferma davanti a nessuna barriera. Trova comunque spazi e voci utili, ancor più oggi nell’era dei social e dell’ibridazione delle notizie.

Sia chiaro: la presunzione di innocenza non è in discussione in uno Stato di diritto, ma neppure il diritto/dovere di informare.

Pertanto il Consiglio dell’Ordine delle Marche auspica un punto di incontro con l’autorità giudiziaria in un legittimo principio di bilanciamento, cardine della Costituzione. Bilanciamento di interessi e di ruoli che rafforzi e non metta in discussione il rapporto di collaborazione e responsabilità.